Secondo la ricerca trentennale presentata dal Prof. Andrea Baccarelli della Harvard School of Public Health, i marcatori epigenetici legati al fumo rimangono alterati anche a distanza di decenni dall’ultima sigaretta. Queste modifiche, conosciute come metilazioni del DNA, rappresentano un danno permanente che non si corregge con il tempo. Le conseguenze sono rilevanti, poiché aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, infarti e ictus anche negli ex fumatori che hanno smesso di fumare da oltre 30 anni.
Il fumo non è l’unico fattore che può lasciare un’impronta genetica. Secondo il Prof. Liborio Stuppia dell’Università di Chieti, anche l’esposizione agli inquinanti ambientali modifica l’epigenoma, con effetti già a partire dalla fase prenatale. Queste alterazioni possono influire negativamente sulla salute a lungo termine, causando un aumento dell’incidenza di obesità, infertilità e altre malattie. Le differenze nei livelli di inquinamento nelle città sono direttamente legate a specifici cambiamenti epigenetici, che colpiscono già in utero.
L’interazione tra inquinanti ambientali e fumo di sigaretta aggrava la situazione sanitaria globale. Secondo il vicepresidente SIMA, Prisco Piscitelli, alterazioni epigenetiche provocate da agenti tossici come metalli pesanti e polveri sottili contribuiscono all’aumento di casi di malattie croniche. Solo per il diabete, si stima che il numero dei malati raggiungerà i 700 milioni entro il 2050. La prevenzione deve quindi concentrarsi sulla riduzione dell’esposizione a queste sostanze, per limitare i danni alla salute, soprattutto nei bambini.
© 2023 Near Future - Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli (Registrazione n. 31 del 21/07/2022)
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