La crescente richiesta di minerali preziosi continua ad aumentare in tutto il mondo, senza alcun segno di diminuzione. Ma l’estrazione di questi minerali ha un impatto significativo sul nostro pianeta. L’uso del suolo, l’erosione e la perdita di biodiversità, insieme alla contaminazione delle acque e dei terreni, sono solo alcune delle conseguenze negative. Inoltre, l’intero processo di estrazione e lavorazione dei minerali richiede un’enorme quantità di energia, rappresentando circa il 6,2% dell’energia prodotta globalmente. In questa situazione, come possiamo evitare ulteriori danni alla Terra? Da qualche tempo, sono state prese in considerazione strategie alternative ed estreme per l’estrazione di minerali, come il deep sea mining e l’asteroid mining.

Asteroid mining: ad oggi i progetti non hanno valore pratico
L’estrazione di minerali dagli asteroidi è stata oggetto di speculazione per molto tempo, ma fino ad oggi, rimane solo un’idea futuristica. Negli ultimi anni, molte missioni spaziali si sono concentrate sul recupero di campioni di corpi celesti da riportare sulla Terra. Tuttavia, prelevare qualche frammento di roccia e polvere, per quanto complesso, è molto diverso dall’estrazione su larga scala di minerali per scopi produttivi.
Esistono diverse ipotesi per lo sviluppo dell’asteroid mining, ad esempio la possibilità di effettuare prelievi su vasta scala e trasportare grandi quantità di roccia grezza sulla Terra per essere successivamente lavorata. Altrimenti, si potrebbe pensare di estrarre e processare i materiali direttamente sulla superficie dell’asteroide, inviando poi il prodotto finito sulla Terra. Un’altra prospettiva consiste nella cattura di un asteroide e nel suo posizionamento in un’orbita sicura tra la Luna e la Terra. Al momento, tuttavia, questi sono solo progetti futuristici che richiederanno ancora molto tempo per essere sviluppati.
Deep sea mining: i primi esperimenti nel 2017 e nel 2020
Un’altra possibilità attualmente presa in considerazione è il deep sea mining, ovvero l’estrazione di minerali preziosi dalle profondità degli oceani. Sebbene possa sembrare più accessibile rispetto all’estrazione da asteroidi, le profondità marine non sono affatto meno impegnative dello spazio. Questo tipo di estrazione si svolge a profondità comprese tra i 200 e i 6500 metri, con elevate pressioni e difficoltà operative che aumentano notevolmente i costi di estrazione. L’International Seabed Authority ha creato mappe dei giacimenti minerari subacquei, identificando siti di interesse per il deep sea mining situati fino a quasi 4000 metri di profondità.
Questi siti si trovano vicino a antichi camini idrotermali ormai spenti, che sono considerati particolarmente promettenti in quanto contengono numerosi metalli preziosi come nichel, argento, rame, manganese e cobalto. Nel corso dell’estate del 2017 e nel 2020, la corporazione giapponese Jogmec ha condotto i primi importanti test di estrazione da uno di questi siti. Anche in questo caso, però, saranno necessari anni di ulteriori sviluppi per raggiungere una vera implementazione di questa tecnologia.