“Fossile vivente” è un termine coniato da Charles Darwin nel 1859 per indicare organismi che sembrano ancora perfettamente identici ai loro antenati vissuti milioni di anni fa. Come il celecanto, un pesce con fossili risalenti a ben 390 milioni di anni fa. La domanda che ha incuriosito gli scienziati per anni è: come hanno fatto queste creature a resistere alle pressioni evolutive che hanno portato all’estinzione di innumerevoli altre specie?
Per trovare la risposta, il team del dottor Near ha analizzato il DNA di 12 fossili viventi, misurando il tasso di mutazioni in diversi individui. La scoperta chiave è stata l’esistenza di un meccanismo, ancora poco noto, che consente a queste specie di riparare il proprio DNA con un’efficienza straordinaria.
Tra le 12 specie esaminate, il vero campione di stabilità genetica è risultato essere il luccio alligatore. Un predatore primordiale di cui si conoscono fossili risalenti a 150 milioni di anni fa. Il suo DNA muta ben tre volte più lentamente rispetto ad altre specie, grazie a un sistema di riparazione eccezionalmente efficiente.
Questa scoperta potrebbe avere implicazioni rivoluzionarie in campo medico. “La maggior parte dei tumori – spiega il dottor Near – sono mutazioni somatiche, causate da fallimenti nei meccanismi di riparazione del DNA. Se riuscissimo a capire cosa rende così efficienti i meccanismi di riparazione del luccio alligatore, potremmo aprire nuove strade per la prevenzione e la cura del cancro“. Lo studio sul DNA dei fossili viventi rappresenta un passo avanti fondamentale nella nostra comprensione dell’evoluzione e apre scenari entusiasmanti per la lotta alle malattie. Un viaggio nel tempo che ci insegna come la natura, nelle sue forme più antiche, possa custodire i segreti per un futuro più sano.
© 2023 Near Future - Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli (Registrazione n. 31 del 21/07/2022)
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