Una delle tecniche più usate per dare una datazione ai reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici è quella del radiocarbonio. Questa metodologia, nata più di 50 anni fa, è diventata quasi indispensabile e ha rivoluzionato la capacità di datazione in campo archeologico. Applicabile ai materiali di origine organica, la tecnica del radiocarbonio per datare i reperti è affidabile e potente. Una tecnica che riesce a datare cose fino a 55 mila anni fa.
Cosa si può datare con il radiocarbonio
Con questa tecnica, ideata dal chimico americano Willard Frank Libby, si può ricostruire l’età di molti materiali organici tra cui, carta, legno, tessuti, vasellame, semi, carbone e ossa. La potenza della tecnica del radiocarbonio non si ferma alla semplice datazione ma, con la sua applicazione, è possibile approfondire i processi climatici, la conoscenza del ciclo del carbonio, dell’attività del Sole e della geofisica della Terra. la vastità dei campi di applicazione di questo tipo di datazione consente anche di svelare falsi e contraffazioni. Celebri sono i casi di datazione della Sindone, datata tra il 1260 e il 1390 secondo tre diversi rilievi, e quello delle frodi del whiskey. Alcune bottiglie venivano spacciate sul mercato come antiche rispetto alla reale produzione. Una valutazione al radiocarbonio ha consentito di svelare la truffa.
Come funziona questo tipo di datazione
La tecnica del radiocarbonio per datare i reperti fu una scoperta dall’enorme potenziale, tanto che valse a Libby l’assegnazione del Premio Nobel per la Chimica nel 1960. Il suo funzionamento è semplice e parte dal meccanismo di decadimento del carbonio-14, un isotopo del carbonio debolmente radioattivo che comincia a diminuire quando un organismo muore. Un organismo muore quando gli scambi di carbonio con l’atmosfera smettono e questo è un processo di cui conosciamo i tempi con una buona precisione. Questo è il motivo per cui attraverso la misurazione del carbonio-14 possiamo dare una datazione precisa agli oggetti di cui si è prelevato un campione.
