Cos’è la sindrome di Brugada
Ogni anno, nel mondo, si contano circa 20 milioni di morti improvvise, con 50.000 casi solo in Italia. Di queste, una percentuale significativa è legata alla Sindrome di Brugada, una malattia genetica che colpisce il cuore, aumentando il rischio di aritmie ventricolari e fibrillazione ventricolare, che possono condurre a svenimenti e morte improvvisa. Una nuova ricerca italiana, condotta dall’IRCCS Policlinico San Donato di Milano e pubblicata sull’European Heart Journal, apre nuove prospettive diagnostiche per questa malattia, grazie alla possibilità di identificarla attraverso un semplice esame del sangue.
Come può essere diagnosticata la sindrome di Brugada
Il team di ricerca ha rilevato la presenza di autoanticorpi nel sangue dei pazienti affetti dalla Sindrome di Brugada. Questi autoanticorpi interferiscono con il funzionamento dei canali cruciali per la regolazione del ritmo cardiaco, portando a conclusioni innovative: la malattia potrebbe avere una componente autoimmune oltre che genetica. Questo cambiamento di paradigma permette di sviluppare un test diagnostico precoce che potrebbe essere facilmente somministrato, persino a bambini in età scolare, migliorando significativamente la prevenzione.

A cosa servono gli autoanticorpi nella cura della Sindrome di Brugada
Il professor Carlo Pappone, tra i massimi esperti di aritmologia, ha spiegato come questa scoperta modifichi la comprensione della Sindrome di Brugada. Fino a poco tempo fa, si pensava che fosse esclusivamente una malattia genetica. Tuttavia, molti pazienti non presentano mutazioni genetiche identificabili, rendendo difficile la diagnosi. La scoperta degli autoanticorpi fornisce una nuova chiave di lettura: questi anticorpi, prodotti dal sistema immunitario, possono attaccare i canali del sodio nelle cellule cardiache, destabilizzandole e causando aritmie pericolose.
Come si arriva oggi alla diagnosi della Sindrome di Brugada
Attualmente, la diagnosi della Sindrome di Brugada richiede test complessi come l’elettrocardiogramma e studi genetici, spesso costosi e invasivi. La nuova scoperta potrebbe semplificare drasticamente questo processo, permettendo di individuare i pazienti a rischio con un semplice prelievo di sangue. Guardando al futuro, questa scoperta apre anche nuove possibilità terapeutiche: potrebbero essere sviluppati farmaci immunosoppressivi o vaccini per prevenire la morte improvvisa. Finora, le opzioni terapeutiche sono limitate a farmaci con effetti collaterali significativi o all’impianto di defibrillatori, ma la ricerca potrebbe portare a soluzioni più efficaci e accessibili.