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Il celebre tempio di Atene aveva colori vivaci. I suoi marmi, conservati dal 1816 al British Museum di Londra, erano dipinti in più colori e presentavano motivi e disegni intricati. A scoprirlo un team di scienziati del museo londinese che, con diverse tecniche di imaging digitale, ha studiato le sculture di 2.500 anni fa a livello microscopico.
E non è tutto. Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Antiquity” della Cambridge University Press, le sculture erano dipinte anche sul retro, dove i disegni non sarebbero stati visibili al momento dell’installazione.
Da tempo si ipotizzava che i marmi del tempio dedicato alla dea Atena, risalenti al V secolo a.C., fossero di colori vivaci. Tuttavia gli studi precedenti non erano riusciti a trovare tracce di pigmento. Ora, grazie alle tecniche di imaging digitale, è stato possibile studiare le sculture del Partenone e giungere alla scoperta. “I risultati hanno superato le aspettative, rivelando una ricchezza di pitture sopravvissute”, si legge nel rapporto di “Antiquity” redatto da ricercatori del British Museum, del Kings College di Londra e dell’Art Institute di Chicago.

Il blu egiziano di 5.000 anni fa e una porpora poco nota
La ricerca ha rivelato la presenza di grandi quantità di blu egiziano su 11 sculture del frontone e su una figura. Al pigmento si è arrivati tramite una luminescenza indotta da una radiazione visibile, una tecnica di mappatura non invasiva sperimentata dall’autore principale del rapporto, il ricercatore di origine italiana Giovanni Verri.
La creazione del blu egiziano, composto da calcio, rame e silicio, risale a 5.000 anni fa. Era l’unico pigmento blu utilizzato in Grecia e nell’antica Roma. Sui marmi questo colore veniva usato per distinguere elementi come le onde da cui emerse Elio con il suo carro e le gambe serpentine di Cecrope, il primo mitico re di Atene. Ma il pigmento serviva anche come base da mescolare con altri pigmenti per ottenere colori marroni, grigi o con tonalità carne.
Sulle sculture del Partenone erano presenti anche pigmenti bianchi e viola. La porpora ha destato particolare interesse poiché differisce dalla nota porpora usata nell’antichità, la cd. porpora di Tiro, un pigmento molto costoso che si ottiene schiacciando un tipo particolare di lumaca di mare. Secondo Verri è possibile che quella ritrovata sulle sculture sia la stessa cui alludevano antichi trattati in greco provenienti dall’Egitto.
Perché gli Ateniesi dipinsero il Partenone
Il motivo principale che spinse gli Ateniesi a dipingere il tempio risiede, secondo gli studiosi, in una ragione estetica: sembrava più bello. Ma, aggiungono, “l’uso del colore potrebbe anche essere stato inteso per aiutare lo spettatore nell’identificazione delle figure a distanza, per scopi religiosi o anche politici”. In ogni caso, data l’importanza del monumento, è probabile che la sua colorazione sia stata d’ispirazione per la scultura policroma in tutto il mondo ellenistico.